Quando sento parlare di Roma come “città eterna” mi ritorna in mente Damasco, definita dagli arabi “il paradiso d’oriente”. Città vibrante ed intensa sembra essere sempre esistita: gli arabi la chiamano semplicemente Cham che significa “città di Cam” da uno dei tre figli di Noè. Non ha mai misurato il tempo in mesi o anni, ma con gli imperi che ha visto nascere, crescere ed andare in rovina. Era già una città quando la lupa allattava Romolo e Remo, ha assistito alla nascita di Roma, l’ha vista conquistare il mondo con la sua ombra, ed era lì mentre moriva……. Fu capitale di un impero immenso che andava dalle colonne d’Ercole alle rive dell’Indo. Quarta città santa dell’Islam. Così santa che, fino a duecento anni fa, era negato l’accesso agli infedeli.
Damasco non è una bella città, ed osservando i moderni palazzi del centro ci si accorge di una mancanza di stile che contraddistingue un po’ quelle città cresciute troppo in fretta negli ultimi anni. Damasco non lascia immaginare nulla della sua magnificenza racchiusa tra muri austeri. Ma entrando in queste dimore che possono essere anche piccoli ristoranti o alberghi ricavati da antichi caravanserragli si può cogliere l’essenza di questa città. All’interno si aprono cortili elegantemente rifiniti con stupende fontane, intorno a cortili, con pareti e stucchi che disegnano eleganti geometrie in una continua ricerca di forme in armonia con luce e colori………e con un po’ di immaginazione si possono intravedere gli antichi splendori di un tempo.
“…………….Da ogni lato distese di sabbia circondano i suoi campi, ed ella è come isolata dal mondo per opera della natura” così scriveva di Palmyra Plinio il Vecchio nel 77 d.C. Situata a 250 Km a Nord-Est di Damasco nel cuore del deserto Siriano, Palmyra fu la più importante città carovaniera dell’Impero romano. Da quì passavano tutte le strade che portavano in Mesopotamia e qui l’Impero Romano firmava i trattati con il regno dei Parti. Le torri del silenzio ci accompagnano verso la destinazione finale.
I resti della città antica che si sviluppa sulla via principale chiamata Grande Colonnato e che porta al Tetrapylon, uno dei centri della città
Arriviamo a Hamah dopo aver attraversato paesaggi rilassanti fatti di giardini di pioppi e frutteti. Per assaporare il polso di questa città ci addentriamo per i vicoli tortuosi della città vecchia non privi di fascino, con numerosi negozietti che espongono erbe, frutta, aromatiche spezie e……….. una pasticceria che ci invita ad entrare. Provocanti dolci arabi si lasciano ammirare da dietro un bancone sotto lo sguardo stupito del gestore che sembra non aver mai visto un turista, e dopo un’abbondante e generosa, e forse “spudorata” degustazione, ormai sazi, ce ne andiamo carichi di leccornie che addolciranno il nostro soggiorno. Le informazioni ci parlano di Hamah come di un grosso centro fiorente già nel II millennio a.C, ma quasi nulla rimane di quel passato………….. eccetto le Norie, gigantesche ruote in legno costruite in epoca romana per alimentare i bisogni della città.
La nostra guida afferma che sono ancora funzionanti, e sarebbe stato interessante vederle in azione a sfidare il tempo, con il loro cigolio pigro di fasciame che si contrae e si rilascia seguendo i capricci incessante del fiume che ha segnato le epoche di questa città distesa lungo il corso della valle dell’Oronte.
Aleppo può vantare la più imponente Cittadella fortificata del paese.
Il Krak dei Cavalieri, inespugnabile fortezza Crociata costruita a pochi km da Homs per combattere gli Arabi situata in posizione strategica per il controllo dell’unico passaggio che permetteva la comunicazione della costa con l’altopiano, è uno dei massimi esempi di fortificazione medioevale.
Una vera e propria roccaforte cristiana in terra nemica, un monumento nazionale da esibire con orgoglio agli occhi del mondo.
La vista spazia sui monti dell’Antilibano e sulla vallata dell’Oronte, vallata in cui, in un giorno del 1274 aC si scontrarono le più grandi potenze di quel tempo: l’esercito Egiziano contro le armate Ittite nella famosa battaglia di Qadesh.
Costeggiando la valle dell’Oronte a pochi km dalla città di Hamah, uno scenario onirico mi appare all’improvviso ai margini di una spianata: le colonne di Apamea, una delle città più famose di questa parte di mondo antico. Ci fermiamo ad ammirarle tentando anche di contarle, ma sono troppe. Sono schierate in due file parallele, ed assomigliano a un esercito di giganti pietrificati dall’ira di un Dio.
Poche rovine al mondo sono così grandiose e solenni. Quando le armate Persiane proteggevano i confini orientali sull’Eufrate e Ottaviano Augusto vegliava sull’impero romano a occidente, la città di Apamea era all’apice del suo dominio già da diversi secoli e vi rimase fino agli assalti persiani e crociati che la consegnarono alla nobile malinconia dell’abbandono nella memoria di antichi splendori. Di quattordici secoli di storia passati in un attimo rimangono solo queste splendide testimonianze di pietra.
Bosra si presenta a prima vista, una città morta e disabitata tra mucchi di macerie ancora sparse sul terreno.
Ma in realtà tra queste antiche macerie appaiono “casette” abitate da vivaci bambini e da uomini vestiti con il tradizionale abbigliamento arabo.
Illustre il passato, citata da faraoni, menzionata nella Bibbia, Bosra fu capitale Nabatea e poi capitale della Provincia Romana d’Arabia.
Residenza dell’Imperatore Traiano.
A Malula ci si arriva costeggiando alberi di pistacchi e filari di viti. Il villaggio si presenta come un suggestivo insieme di costruzioni cubiche dipinte color pastello addossate ad una parete rocciosa. Importanti sono i conventi, monasteri e chiese bizantine, ma questo posto ha una sua particolarità: i suoi abitanti, pur conoscendo l’arabo, continuano a parlare l’Aramaico, la lingua di Gesù, che essi si tramandano da 2500 anni.
Castello di origine crociata, conquistato da Saladino nel luglio del 1188 che in virtù di questa vittoria ne diede il nome e ne fece la propria dimora. Saladino fu un grande condottiero tra i più grandi strateghi di tutti i tempi, e fu lui che segnò la fine del regno di Gerusalemme nella battaglia di Hattin. Con le sue mani decapitò Rinaldo di Chatillon, conquistò un vasto territorio che andava dalla Mesopotamia al nord Africa fino allo Yemen, fu poi sconfitto da Riccardo Cuor di Leone nella battaglia di Arsuf, e morì un paio d’anni dopo. Per l’eccellente reputazione che nonostante tutto conquistò in occidente Dante lo definì “ un grande spirito non toccato da Dio”.
Intorno al 400 dC la Siria entra a far parte dell’impero romano d’Oriente. Si apre la fase bizantina durante la quale l’arte cristiana lascia in questa regione i suoi massimi capolavori. Uno dei complessi più affascinanti, anche per la stravaganza del suo inquilino, è senza dubbio il Santuario di san Simeone Stilita, l’eremita che visse vent’anni appollaiato in cima ad un pilastro venerato e visitato da migliaia di persone.
Dopo la sua morte, della colonna rimane solamente un pilastro smozzato dagli inesorabili pellegrini che se ne portano via un pezzettino ogni volta come souvenir.
A ridosso del mare Ugarit fu una delle più antiche e splendida città del mondo antico. In questa regione è facile imbattersi in steli con incisi codici ed effigi vari, leoni in pietra che fanno le linguacce tra i prati di questa città morta situata nell’estremo nord della Siria quasi al confine con la Turchia. Ma qui a Ugarit la scrittura conosce un’evoluzione straordinaria: si inventa il primo sistema alfabetico del mondo.
A Damasco è possibile intravedere il Libano e le alture del Golan siriano. L’altopiano del Golan segna il confine con Israele e costituisce la punta estrema della “mezzaluna fertile”, e fertile questo altopiano lo è davvero ed adatto a qualsiasi tipo di coltivazione grazie alla sua abbondanza d’acqua. Nel 1967 in seguito alla “guerra dei sei giorni” il Golan venne occupato dagli israeliani che non si sono mai preoccupati di rispettare la risoluzione ONU che imponeva loro di restituirlo alla Siria. Alcuni anni fa ci furono i presupposti per un ritiro israeliano da quei territori che come contropartita chiedevano tra l’altro il reciproco riconoscimento dei due stati. L’accordo fallì, poi a Gerusalemme si cambiò rotta e il problema tornò in alto mare, e fu quindi persa un’occasione d’oro che poteva risolvere l’annoso problema delle fonti idriche, ovvero l’acqua cioè vita. Oggi l’acqua in Siria è insufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione che cresce a ritmi tra i più alti del mondo. Gli approvvigionamenti provenienti dal lago Assad a causa delle costruzioni di dighe a monte (in territorio Turco) si riducono continuamente. Le coltivazioni intensive richiedono quantitativi d’acque sempre maggiori, l’inquinamento intacca le riserve di acqua dolce mentre l’offerta idrica rimane costante. Questo scenario molto presto scatenerà altri conflitti militari inevitabili e l’unica alternativa possibile in quest’area come in altre parti del mondo è quella di cominciare a vedere l’acqua come “patrimonio dell’umanità” e di conseguenza da gestire insieme e con logiche solidali lontane da qualsiasi speculazioni privatizzazioni e interessi economici.